![Public speaking: perché abbiamo paura di parlare in pubblico?](https://massimilianocavallo.com/wp-content/uploads/2014/04/Confidence-energy-vitalityenthusiasm-speaking-confident-paths-to-speakinganxiety-fear-speak-toastmasters-200x300.jpg)
Molti si iscrivono al mio corso di public speaking perché sanno già parlare in pubblico e vogliono migliorarsi conoscendo tecniche nuove.
Altri sanno che difficilmente capiterà a loro di prendere la parola davanti a una platea ma si iscrivono per migliorare la loro comunicazione nella vita quotidiana, nei rapporti personali e professionali. Ma molti dei miei iscritti sono come Martina. Lei è una delle studentesse incontrate in aula alla UNINT – Università degli Studi Internazionali di Roma, la scorsa settimana. Ha iniziato la sua prima prova confessando agli altri partecipanti la sua difficoltà a prendere la parola che le causava rossore in viso, “ma certamente ve ne siete accorti” – ha aggiunto lei. Eppure Martina è una ballerina che fa anche gare nazionali e non ha certo timori o rossori nel ballare davanti anche a mille persone.
Perché succede questo? Lo stress (alcuni lo chiamano ansia, panico, strizza…) è una reazione di adattamento del nostro corpo a qualcosa che il nostro corpo percepisce come nuovo o pericoloso. In quel caso per Martina era nuova la situazione perché in aula c’era gente che non conosceva o perché era nuovo il contesto e pericolosa probabilmente perché, sapendo di arrossire, temeva di fare brutta figura. Quando questo stress ci impedisce di fare una buona performance prende il nome di “distress”, ma a volte può essere anche uno stress “buono”, come vedremo più avanti.
La sorpresa di Martina è stata che, commentando con gli altri ragazzi la sua prova, soltanto il 20% aveva notato il suo rossore e forse questi se ne erano accorti solo perché lei lo aveva sottolineato.
La stessa cosa capita a tanti corsisti in ogni aula e mi è successo anche sabato scorso a Milano. Noi percepiamo su di noi lo stress e i suoi sintomi (tremore della voce o del corpo, gesti involontari, sudore, tachicardia, ecc) ma al pubblico arrivano in piccola parte.
Eppure per molti questi possono essere dei veri e propri blocchi che impediscono di andare avanti. E sì, perché tutti abbiamo dentro di noi quella vocina critica che ci dice che stiamo andando male o che “tanto arrossirò perché so che arrossisco ogni volta”.
Parliamo, siamo convinti che il pubblico stia notando i nostri sintomi di stress e ciò alimenta la nostra convinzione tanto da pensare di non saper parlare in pubblico. E’ un po’ quando a scuola ti dicevano che eri negato per la matematica. Eri convinto che fosse così e quindi mettevi scarso impegno, “tanto non ce la farò mai”. E così sbagliavi l’equazione e avevi conferma della tua convinzione.
Il lavoro che facciamo in aula durante il corso di public speaking è proprio su questa convinzione e sulla gestione ottimale dello stress. Sì, perché lo stress non va eliminato, va solo gestito. Esiste, come detto prima, uno stress utile che chiamiamo “eustress” che è quella adrenalina che permette a Martina, quando balla, di essere concentrata. Lo stesso eustress è quello che dobbiamo avere quando parliamo in pubblico.
Nella sua prova finale, a distanza di cinque ore, Martina è stata davvero sciolta e ha messo a tacere quella vocina iniziale che alimentava i suoi imbarazzi. Insomma, per lei è stato naturale e bello come una danza.
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